I Penalisti reggini salutano Peppe Passalia.

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Non accade tutti i giorni di riuscire a fermarsi e scambiare due parole con un collega; i tempi delle udienze di un avvocato al giorno d’oggi sono convulsi.

Ma quando accadeva di fermarsi e fare due chiacchiere con Lui, ti infondeva un senso di serenità che è indescrivibile.

Era schivo e riservato, soprattutto quando si discuteva in gruppo e non aveva particolare confidenza con qualcuno dei suoi interlocutori. In questo caso, era difficile riuscire a coinvolgerlo. Se ne stava quasi in disparte ad ascoltare.

Ma quando riusciva a superare questa ritrosia, mostrava il suo garbo, la sua gentilezza… la sua serenità. Era schivo e riservato… ma anche estremamente gentile e corretto.

Ti rivolgeva un sorriso che non era di facciata… non era per tutti. Ma quando te lo rivolgeva, capivi che eri parte della sua vita.

Anche quando accadeva di trovarsi in momenti di udienza delicati e difficili, era sempre lì ad infonderti serenità. Quasi a voler dire: «…ma in fondo, è solo una udienza. La vita non finisce qua!».

Accadeva quindi di fermarsi a discutere della vita privata, e della sua infinita passione calcistica. E era un fiume in piena.

Ne discutemmo quasi casualmente qualche mese addietro… a novembre. Mi dette l’impressione di essere un uomo che aveva raggiunto un traguardo nella vita. E ne mostrava soddisfazione e gioia.

Per questo, ancora adesso, non riusciamo a comprendere.

Scusaci, Peppe, se non ti abbiamo capito.

Riposa in pace.


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