La presa di posizione del Consiglio direttivo sulla vicenda della intervista del collaboratore di giustizia Villani Consolato.

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DI seguito il testo integrale della delibera n. 3 del 2018:

 

Il Consiglio Direttivo della Camera Penale

“Gaetano Sardiello” di Reggio Calabria

 

composto dagli avvocati Francesco Calabrese (Presidente), Natale Polimeni (Segretario), Aldo Labate (Vice-presidente), Gianpaolo Catanzariti, Demetrio Francesco Floccari, Emanuele Genovese, Paolo Tommasini (Consiglieri), in data 25 maggio 2018ha approvato all’unanimità la seguente

 

DELIBERA

 

– rilevato che in data 18 maggio 2018, sul sito di informazione on linewww.corrieredellacalabria.itè apparso un articolo a firma della giornalista Alessia Candito con cui veniva presentata una video-intervista al collaboratore di giustizia, Consolato Villani, della durata di poco più di 49 minuti (anche trasmessa alle ore 22.00 dello stesso giorno su “L’altro Corriere Tv”, canale 211 del digitale terrestre);

– considerato che nell’articolo si dà atto che l’intervista sia «avvenuta in località segreta, concordata con il servizio di protezione e previo avallo della DDA di Reggio Calabria»e che il Villani avrebbe reso delle dichiarazioni «in parte omissate perché coperte da indagini tuttora in corso» (in relazione a fatti e nomi emersi nel corso della “chiacchierata”, la giornalista afferma «siamo stati obbligati a omissarlo. Le indagini sono in corso»);

– rilevato che il Villani risulta, allo stato, per come anche dichiarato nello stesso articolo, «uno dei testimoni chiave nel processo <<Ndrangheta stragista>>» e nel processo c.d. “Gotha”, entrambi in fase dibattimentale presso il Tribunale Penale di Reggio Calabria (teste da escutere per la prima volta ex art. 210 o 197 bis c.p.p. nel secondo dei richiamati processi);

– considerato che nel corso dell’intervista si succedono oltre 25 artificiosi segnali acustici (“beep”), appositamente utilizzati per coprire frammenti di dichiarazioni non ostensibili a causa dell’esistenza di indagini in corso (circostanza della quale la giornalista sarebbe stata, evidentemente, resa edotta al punto da affermare, nell’incipit del documento audiovisivo «ovviamente molte delle risposte che ci ha dato sono tuttora coperte dal segreto istruttorio per cui abbiamo dovuto adottare una serie di provvedimenti per evitare di svelare indagini in corso»);

– rilevato che, avuto riguardo anche allo stato ed alle qualità ricoperte dal Villani nell’ambito dei citati processi (testimone assistito o ex art. 210 cpp, se non addirittura dichiarante rispetto ad indagini tuttora in corso e, quindi, coperte dal segreto istruttorio), appare estremamente grave che le Autorità a ciò preposte, concedendo (secondo quanto ampiamente dichiarato dalla cronista) l’autorizzazione alla realizzazione della citata video-intervista, abbiano di fatto consentito a soggetti terzi (giornalisti ed eventuali operatori) di venire a conoscenza di fatti oggetto di accertamenti investigativi, con evidente violazione del principio della segretezza e della serenità delle indagini e dei giudizi in corso;

– atteso, ancora, che la predetta autorizzazione costituirebbe una chiara violazione dei più elementari principi di uno Stato di diritto e del giusto processo cristallizzati negli articoli 24 e 111 della Costituzione, non solo in relazione agli attori processuali, bensì esponendo ad un più ampio rischio di inquinamento delle fonti di prova;

– rilevato che l’aver effettivamente autorizzato la giornalista (soggetto terzo estraneo) rappresenterebbe circostanza ancor più grave ove si consideri, di contro, il diniego opposto ai difensori, da parte del Servizio centrale di protezione, in ordine allo svolgimento di attività di indagine difensiva mediante audizione o acquisizione di informazioni e dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia, in forza della circolare ministeriale n. 13229/2016/PN (seppure richiamata nel provvedimento di diniego, non conosciuta e non reperibile), datata 18 aprile 2016, della Direzionale Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, che esclude (per quel che è dato apprendere da successivi provvedimenti amministrativi) le persone sottoposte alle speciali misure di protezione (i “collaboratori di giustizia”) dal novero dei soggetti che possono essere sottoposti alla escussione svolta dal difensore in sede di indagine difensiva, a norma dell’art. 391bis c.p.p. (circolare che, addirittura, deroga il dettato normativo);

 

Per questi motivi

il Consiglio Direttivo della Camera Penale “G. Sardiello” di Reggio Calabria, consapevole della necessità che «la ricostruzione dei fatti avvenga sempre attraverso una stretta osservanza delle regole di diritto, senza scorciatoie», come di recente affermato proprio a Reggio Calabria dal membro togato del CSM, dott. Luca Palamara e che il contraddittorio tra accusa e difesa debba sempre svolgersi all’interno del processo, nel confronto dialettico dibattimentale e secondo le regole del nostro sistema processuale, stigmatizzando quanto avvenuto per le (conseguenti e scaturenti) implicazioni, processuali e non;

denuncia pubblicamente

il grave episodio verificatosi, inviando la presente deliberazione alla Giunta ed al Consiglio dei Presidenti dell’Unione delle Camere Penali Italiane al fine di valutare, unitamente alla Camera Penale di Reggio Calabria, le opportune iniziative da adottare anche unitamente alle Istituzioni a ciò preposte.

 

IL SEGRETARIO                                                                                IL PRESIDENTE

Avv. Natale Polimeni                                                                    Avv. Francesco Calabrese

 

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